Si chiama Salaam il videogioco ideato e sviluppato da un ex profugo del Sudan

Si chiama Salaam, che in arabo significa pace, il videogame ideato e sviluppato dal 25enne Lual Mayen, ex profugo del Sudan che ha imparato a programmare grazie ai tutorial su YouTube. Salaam uscirà a breve, e ogni volta che un giocatore acquisterà cibo nel gioco, lo farà anche nella realtà, aiutando i profughi del campo ugandese dove il ragazzo è cresciuto.

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Da profugo a programmatore: la storia di Lual Mayen

Lual Mayen ha 25 anni ed oggi è amministratore delegato dello studio indie Junub Games con sede a Washington. Alle sue spalle ha un’infanzia difficile, come quella di tanti bambini e ragazzi africani. Originario del sud del Sudan, zona di guerra, con la famiglia è fuggito vagando per chilometri senza cibo ne acqua, fino ad arrivare ad un campo profughi nel nord dell’Uganda, dove è cresciuto. Qui ha vissuto per oltre vent’anni. A 12 anni ha avuto il suo primo portatile, il computer del servizio di smistamento del campo. La madre del ragazzo, che a malapena aveva i soldi per il cibo, ha lavorato senza sosta rammendando vestiti per 3 anni per mettere insieme la somma necessaria ad acquistarlo. Lì Lual Mayen ha imparato a programmare grazie ai tutorial su YouTube, e nel 2017 ha creato il suo primo videogioco.

Salaam, il videogame che aiuta i profughi

Salaam è un videogioco d’azione che s’ispira alla realtà di milioni di persone: quelle costrette a fuggire dai paesi in guerra. Il bello di Salaam sta nel fatto che nel momento in cui il personaggio esaurisce la propria energia, viene richiesto al giocatore di acquistare più cibo, acqua e medicine con denaro reale che, oltre a sostenere il gioco, verrà devoluto a favore di un vero rifugiato attraverso le partnership di Junub Games con varie ONG. Con ogni probabilità Salaam sarà disponibile anche su Facebook Instant Games, la piattaforma per i videogiochi di Facebook cui hanno accesso milioni di persone: e in questo caso il numero dei partecipanti è più che mai importante, per aiutare i profughi rimasti nel campo dove Lual è cresciuto. Attraverso le sue transazioni in-game, il gioco di Mayen offre dunque un supporto concreto ai rifugiati, ma non solo: ha l’obiettivo di rendere i suoi utenti consapevoli di cosa significhi vivere in condizioni simili a quelle che ha vissuto lui con la sua famiglia. Condizioni in cui ancora oggi si trovano tantissime persone sopravvissute alle violente guerre civili in territorio africano.

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