Dopo i Millennials arrivano gli iGen, ragazzi iperconnessi e infelici

Nata tra il 1995 e il 2012, la nuova generazione è più tollerante e meno ribelle

Se per quanto riguarda i Millennials è già stato detto molto, in pochi però si sono espressi sulla generazione seguente: gli iGen. Stiamo parlando dei nati tra il 1995 e il 2012, quelli che sono entrati a far parte del mondo mentre si quotava in Borsa Netscape e fino a quando la quota di americani che possedeva uno smartphone superò il 50%.

iGen: la genesi del nome

A dargli il nome di iGen è stata la psicologa della San Diego University Jean Twenge, che ha unito il prefisso degli apparecchi Apple all’abbreviazione della parola “generation”. Ma, a differenza dei dispositivi con la mela, questi ragazzi sembrano essere meno fortunati. Secondo la psicologa, a causa dell’influenza dei social media i ragazzi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e completamente impreparati a diventare adulti. Quello di Twenge è sicuramente uno degli atti d’accusa più virulenti nei confronti della tecnologia digitale sulla nostra psiche, ma la fondatezza non manca.

Social e infelicità: i dati

Gli ormai numerosi dati raccolti tra i giovanissimi consentono di stabilire il nesso tra ore passate sui social e infelicità: i 14enni che passano oltre 10 ore alla settimana su questi network hanno il 56% di probabilità in più di dichiararsi infelici rispetto ai coetanei che ne fanno meno uso. I motivi di ciò sono diversi: l’uso eccessivo dei dispositivi durante la notte interferisce negativamente sul sonno, il tempo trascorso fisicamente con gli amici si è drasticamente ridotto di oltre il 40% e lo spogliare di espressioni e fisicità i rapporti hanno compromesso la felicità dell’ultima generazione.

Stando all’Ucla Loneliness Scale, il questionario con cui è possibile autodiagnosticarsi la solitudine, gli iGen si sentirebbero più soli di tutte le generazioni precedenti. Cosa possono fare quindi i genitori? La prima regola è che gli smartphone non devono entrare in camera da letto. Con i più grandi si può tentare un’interlocuzione. Con i più piccoli un aiuto viene dalla tecnologia stessa, vale a dire app che spengono automaticamente il telefono dopo una certa ora, tranne per le chiamate. 

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