Oggi viviamo in un Medioevo tecnologico. Nonostante la tecnologia e la scienza facciano passi da gigante c’è sempre qualcuno che punta il dito contro il progresso. Come nel Medioevo questi gruppi e movimenti non perdono occasione per schierarsi contro scienza e tecnologia, una sorta di moderna caccia alle streghe. Che siano treni ad alta velocità, vaccini o reti di dati si trova sempre qualcuno pronto ad alzare il dito.
Le motivazioni sono varie, spesso bufale smentite palesemente da concreti e minuziosi studi scientifici. Ma non importa il virus della disinformazione viaggia veloce sulla rete, proprio quella che vorrebbero limitare, e queste minoranze rumorose riescono ad esercitare pressioni sulla politica e a ritardare o bloccare infrastrutture fondamentali. Questa volta è toccato al 5G.
IL 5G IN ITALIA
La rete 5G in Italia per il momento è un fenomeno circoscritto. Oggi la rete serve solo dieci grandi città (Milano, Monza, Brescia, Torino, Genova, Sanremo, Bologna, Firenze, Roma e Napoli) e 28 comuni dell’hinterland meneghino, per un totale di 6 milioni di persone.
Mentre sono oltre 400 i comuni che hanno al momento detto no al 5G, per un totale di 4,5 milioni di italiani. Quella contro il 5G è una battaglia che un gruppo ristretto, ma che acquisisce sempre più consenso, porta avanti da 2 anni. Ma è solo durante il lockdown o immediatamente dopo che ha avuto la sua escalation.
Da febbraio a oggi più di 200 comuni hanno imposto lo stop al 5G, ultima la città di Reggio Calabria lo scorso 6 luglio. Il COVID-19, nonostante non abbia alcuna correlazione, è stato utilizzato per sostenere la dannosità di questa rete. Le principali argomentazioni dei no 5G, riuniti nell’Alleanza italiana stop 5G, sono 4, tutti ampiamente smentiti da accurate ricerche scientifiche: l principio di precauzione, la cancerogenità delle onde elettromagnetiche, pronunce di giurisprudenza sul rapporto tra telefoni cellulari e tumori e la questione dell’elettrosensibilità.
GLI INVESTIMENTI E L’ECCELLENZA DELL’ITALIA
Gli investimenti per il 5G nel periodo 2018-2025 muoveranno tra 55 e 70 miliardi. I ritardi però potrebbero costare caro. Secondo una stima di Ernst Young in Italia 12-18 mesi di slittamento si traducono in “minori benefici tra 2,9 e 43, miliardi di euro”.
L’Agcom ha dato alle compagnie tempi stretti per connettere il Paese in 5G: 54 mesi dalla ricezione delle frequenze. Ma se si mettono di traverso ordinanze e ricorsi, il rischio di sforare i tempi è dietro l’angolo.
Perdendo quel terzo posto che, secondo l’indice comunitario sui servizi digitali (Desi), l’Italia oggi occupa in Europa sullo sviluppo del 5G. Il Parlamento sta cercando di sterilizzare le ordinanze comunali, che è bene dirlo riguardano sindaci di tutti i colori politici. Senza una rete 5G l’Italia potrebbe perdere terreno anche dal punto di vista economico.
Secondo l’UE oltre il 50% di automobili, elettrodomestici o robot di produzione o vicino all’utente (edge computing) saranno entro il 2025 connessi in modo intelligente, ma questo può avvenire solo se la rete sarà completata.
Il 5G è la tecnologia che permetterà di implementare su larga scala robotica, telemedicina di precisione e chirurgia da remoto, industria 4.0 e la sensoristica diffusa delle smart city. Da questa trasformazione dipende la competitività futura dell’Italia.