Lavoro in una scuola della periferia di Milano, dove si assiste ad un incontro continuo tra varie culture, lingue e colori, ma anche povertà e in alcuni casi poca integrazione.
Alcuni, quelli che se lo possono permettere, possono far parte di società sportive del posto, altri no. Alcuni non ne hanno la possibilità economica, altri sono bloccati dagli orari di lavoro dei genitori che non permettono di portarli agli allenamenti.
Una scuola come società sportiva
E se la scuola potesse essere anche una vera e propria società sportiva? All’interno dei propri spazi, dei propri campetti e della propria palestra, naturalmente con iscrizione gratuita.
Potrebbe annullare questo sistema diventando o confermandosi un vero simbolo di inclusività, permettendo a tutti di partecipare, svagarsi e soprattutto continuare a stare con i compagni di classe o delle altre classi invece di stare a casa davanti alla tv (i compiti li fanno solo nel fine settimana…).
Si dovrebbe modificare l’intero orario scolastico, che va dalle 8:30 alle 16:30, semplicemente migliorandolo e sistemando le ore di lezione; si potrebbe creare un dopo-scuola migliore che non sia solo un “parcheggio” fino all’arrivo dei genitori che lavorano fino a tardi.
La “A.C. Scuola” potrebbe iscriversi ai campionati di categoria dei vari sport oppure creare dei veri e propri campionati indipendenti tra scuole. Le squadre professionistiche del posto potrebbero fornire allenatori e un po’ di materiale, date le basse disponibilità economiche delle scuole. L’argomento è vastissimo, bisognerebbe parlare nello specifico di ogni sport, di disabilità, di tempo e di risorse. Magari si può cominciare…
di Ivano Ciardo
